Un po' di storia
La comparsa del microscopio segnò una tappa
importante nello sviluppo della teoria cellulare.
La cellula ha una complessa struttura interna che venne scoperta poco alla volta nel corso del XIX secolo. Fu nel 1831 che Robert Brown individuò all'interno di una cellula vegetale una piccola struttura sferica, pari a circa un decimo del volume cellulare, che fu chiamata nucleo.
Uno studio più approfondito del nucleo e del processo di suddivisione
della cellula, fu ostacolato per molto tempo dal fatto che la cellula è
pressochè trasparente. Le ricerche migliorarono quando i biologi
scoprirono che era possibile, utilizzando determinate sostanze, colorarne solo
alcune parti. In particolare nel 1879 il tedesco
Walther
Flemming si accorse che certe tinture rosse erano in grado di far risaltare
piccoli granuli all'interno del nucleo cellulare che il biologo chiamò
"cromatina". Esaminando questo materiale, Fleming fu in grado di seguire alcuni
cambiamenti che avvengono nel processo di divisione cellulare e nel 1882, pubblicò i risultati delle sue ricerche in un libro. Egli aveva
osservato che durante la divisione di una cellula, all'interno del nucleo la
cromatina si addensava in filamenti che si disponevano a forma di stella
(aster); successivamente l'aster si suddivideva, metà da una parte e metà
dall'altra, dentro le
due cellule che risultavano dal processo di divisione. Flemming chiamò
questo processo "
mitosi" (dal greco "filo"), giacché sembrava che questi
filamenti di cromatina avessero un ruolo cruciale nella fase di divisione
cellulare. Sei anni più tardi il tedesco von Waldeyer introdusse
per questi filamenti il nome con cui li conosciamo ancora oggi: "cromosomi"
(dal greco "corpi colorati"). Nel 1902 l'americano Walter Sutton e il tedesco Theodor Boveri arrivarono indipendentemente alla conclusione che i cromosomi si presentano in coppie ereditate per metà dal padre e per metà dalla madre (coppie omologhe), intuendo così che doveva esistere una relazione tra i cromosomi e i fattori ereditari (introdotti da Mendel nel 1860). L'unico problema in questa analogia stava nel fatto che, il numero di cromosomi è molto inferiore al numero dei caratteri ereditati. Ben presto, però, si arrivò alla conclusione che ciascun cromosoma doveva avere un insieme di geni e che i caratteri ereditari erano portati dai geni e non dai cromosomi.
Progressi nel campo della
genetica (termine coniato all'inizio del '900 da
William Bateson) furono ottenuti nel 1910 dallo zoologo americano
Thomas
Hunt Morgan (Premio Nobel per la medicina 1933) che ebbe l'idea di utilizzare i moscerini della frutta (Drosophila
melanogaster) per le sue ricerche. Il moscerino della frutta
è in effetti un soggetto ideale per osservare come certe caratteristiche vengono
trasmesse di generazione in generazione, poiché non ha bisogno di grandi
quantità di cibo, si riproduce molto e in fretta, ha caratteristiche ereditarie
facili da individuare e possiede un corredo cromosomico relativamente semplice:
solo quattro coppie. Nel corso di oltre vent'anni di ricerche, Morgan scoprì i cromosomi responsabili della trasmissione dei
caratteri sessuali (X e Y) e cominciò a capire i meccanismi di trasmissione di malattie
genetiche legate proprio ai cromosomi sessuali. È intorno agli anni '30 che inizia il grande filone di ricerca sull'ereditarietà che porterà, negli anni successivi, alla scoperta del DNA e, in tempi più recenti, alla definitiva affermazione della genetica e della biologia molecolare.
|