La
situazione nel Mediterraneo
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Fig. 1: Maremoti avvenuti in Italia dal 79DC a oggi. Le dimensioni dei cerchi sono proporzionali all'intensità
del maremoto, il colore all'affidabilità dell'evento.
(Credit:
Gruppo di Ricerca Maremoti Dipartimento di Fisica - Università di
Bologna e
Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia - Roma) |
Il maremoto di Sumatra ha attirato
improvvisamente l'interesse di tutti su di un fenomeno di cui molti avevano sì
sentito parlare, ma senza prestarvi troppa attenzione. Non bisogna però pensare
che il maremoto costituisca un pericolo solo per zone lontane come l'Oceano
Indiano o come le isole del Pacifico o le aree particolarmente scosse da eventi
sismici come il Giappone. Il mare Mediterraneo stesso presenta un rischio
rilevante di maremoto, come ci dimostrano i documenti storici e come ci mostra
la storia geologica del bacino. Nel passato è stato teatro di grandi maremoti
come ad esempio quello di Messina del 1908 o il maremoto che si è verificato nel
365 DC nell'arco Ellenico. L'ultimo episodio è il maremoto di Stromboli del 2002
che fortunatamente non ha avuto effetti nefasti essendosi verificato in inverno,
per l'esattezza il 30 dicembre, quando l'isola non è affollata di turisti. Le
onde hanno raggiunto altezze fino ai 10 m. Anche nel Mediterraneo la causa della
maggior parte dei maremoti è da associarsi ad eventi sismici, ma non è da
trascurare l'effetto dell'attività vulcanica per quel che riguarda il Vesuvio,
l'Etna e le Isole Eolie, in particolare Stromboli e Vulcano. Le coste
maggiormente a rischio sono quelle dell'Italia meridionale, cioè le coste della
Puglia, della Sicilia e della Calabria. Nella figura 1 è riportata una mappa delle
sorgenti di maremoto in Italia dal 79 DC ad oggi
(Catalogo dei Maremoti Italiani di Tinti, Maramai e Graziani, 2004).
Mediamente, negli ultimi quattro secoli
in Italia si sono verificati 15 maremoti ogni 100 anni, valore non trascurabile
per quel che riguarda la sicurezza delle coste e delle persone.
Il rischio dovuto ai maremoti può essere
studiato considerando scenari di futuri maremoti, fondati naturalmente anche
sulle conoscenze storiche. Nelle figure 1-3 vengono mostrati i risultati di
simulazioni numeriche elaborate dal Gruppo di Ricerca sui Maremoti
dell'Università di Bologna che si riferiscono a due distinti scenari di
tsunami prodotti da violenti terremoti sottomarini. Uno scenario (Figure 2)
riguarda il Mediterraneo orientale con un terremoto ad ovest di Creta. Maremoti simili sono accaduti nel 1303 e nel 365 DC. La figura
3 mostra la propagazione di un maremoto nel Mediterraneo centrale causato da un
terremoto al largo della Sicilia orientale, simile al caso verificatosi nel
1693. Come si vede i tempi di propagazione dei maremoti nel bacino del
Mediterraneo sono molto stretti. In un quarto d'ora viene colpita gran parte
della costa vicino alla zona di generazione del maremoto, e nel giro di un'ora
il maremoto attraversa il bacino ed arriva sulla costa che è opposta a quella
dove viene generato.
Fig. 2: Scenario di un possibile maremoto nel
Mediterraneo con origine a ovest di Creta. Dopo 45 minuti l'onda ha già
raggiunto le coste italiane della Puglia, della Calabria e della Sicilia
orientale con altezze fino a qualche metro.
Per vedere l'animazione in formato avi clicca sulla figura.
(Credit:
Gruppo di Ricerca Maremoti Dipartimento di Fisica - Università di
Bologna)
Fig. 3: Scenario di un possibile maremoto nel
Mediterraneo con origine lungo il sistema di faglie della Sicilia orientale.
Dopo 45 minuti l'onda ha già raggiunto le coste greche e investito buona parte
delle coste ioniche.
Per vedere l'animazione in formato avi clicca sulla figura.
(Credit:
Gruppo di Ricerca Maremoti Dipartimento di Fisica - Università di
Bologna)
La rete nel Mediterraneo
Attualmente non esiste una rete di
allerta maremoto nel Mediterraneo e nemmeno lungo le coste Europee
dell'Atlantico o del Mar Nero, anche se fonti storiche testimoniano che gli
tsunami hanno attaccato tutte queste coste. Gli stati nella zona
Euromediterranea hanno riconosciuto che tale carenza non è sostenibile ed hanno
preso la decisione di installare un sistema d'allarme nei prossimi anni. Al
momento è stato costituito un gruppo di coordinamento intergovernativo presso
l'IOC-UNESCO che ha nome ICG/NEAMTWS (Intergovernmental
Coordination Group for the establishment of the North East
Atlantic, the Mediterranean and connected seas Tsunami Warning
System) che per i primi due
anni opererà sotto la presidenza italiana. Le difficoltà da risolvere non
saranno poche. A differenza delle reti del Pacifico e nell'Oceano Indiano, nel
Mediterraneo la maggior parte delle zone sorgente si trovano molto vicino alla
costa ed il problema principale è quello di poter dare l'allarme entro i primi
10 minuti.
The Webweavers: Last modified Tue, 1 Aug 2006 14:09:35 GMT
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