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Bio.....cosa? "Biologico"!

L'aspetto lessicale
L'accezione più ampia del termine agricoltura integra le pratiche di ingegneria agraria con la scienza delle coltivazioni arboree ed erbacee e con la zootecnia. Chiunque intuisce che l'attività agricola è intrinsecamente legata, e nella sostanza identificata, con la biologia delle piante e del bestiame utili per l'uomo, essendo il suo scopo fondamentale quello di fornire prodotti per l'alimentazione, anche se i prodotti agricoli possono interessare una varietà di settori, dalle costruzioni (legnami), ai materiali (cellulosa, polimeri naturali biodegradabili, ecc.) per finire ai combustibili (biodiesel ecc.).


Fig. 1: Vincent van Gogh - "The Harvest, 1888", olio su tela.
(Credit: Van Gogh Museum, Amsterdam - Vincent van Gogh Foundation)
 

L'imprescindibile legame che lega agricoltura a botanica e zoologia rende l'espressione "agricoltura biologica" ridondante, con l'aggettivo biologico superfluo poiché non aggiunge nulla al significato del sostantivo agricoltura, che altro non è che biologia applicata alla produzione di risorse alimentari.
Inoltre, poiché la base della vita sta nella struttura e nella chimica dei suoi costituenti molecolari, anche la più rara espressione "agricoltura chimica", usata talora in contrapposizione ad "agricoltura biologica", ha poco senso.
Poiché la forma è anche sostanza, ne consegue che la locuzione "agricoltura biologica" andrebbe sostituita con una più appropriata, sulla base del significato vero che il linguaggio corrente e la legislazione attribuisce ad essa.
Nella lingua inglese, evidentemente più sensibile al nesso tra il termine linguistico adottato ed il significato autentico del concetto che si intende esprimere, i termini "biological agriculture" o "biological farming" risultano assai meno utilizzati dell'espressione di gran lunga più appropriata di "sustainable agriculture".
Nell'espressione "agricoltura sostenibile", l'aggettivo aggiunge il significato di una gestione che non alteri la qualità dell'ambiente in funzione dell'utilizzo che andrà garantito alle generazioni future. Accanto alla visione a lungo termine, si aggiunge nel breve l'obiettivo di produrre cibo sano per uomini sani usando un suolo sano con piante e animali sani.

Il concetto.
Due grandi fenomeni hanno portato nel secolo scorso ad adottare pratiche che hanno trasformato la vecchia agricoltura nella moderna e spesso discussa, non senza buone ragioni, agricoltura industriale.

  • Negli anni 30 si era affermata la teoria di Liebig sui nutrienti delle piante, dalla quale derivava come, conoscendo le esigenze di azoto, fosforo e potassio di una specie vegetale, fosse sufficiente apportare artificialmente queste sostanze nella forma di sali inorganici e urea per non impoverire il terreno. Non era più necessario per le aziende agrarie dipendere dalla rotazione delle colture, ma ci si poteva specializzare in un unico indirizzo produttivo (orticolo, frutticolo, foraggiero, zootecnico, avicolo, ecc.).

Fig. 2: Ritratto del Barone Justus von Liebig (sinistra), figurina da collezione "estratto di carne Liebig" (destra)
(Credit: http://digilander.libero.it/trombealvento/pimmagini/liebig.htm)


Fig. 3: Nel dopoguerra il DDT fu usato come pesticida in agricoltura.
(Credit: Media studies summer institute june-july 2004)
  • Il secondo aspetto, enormemente sviluppatosi nel II dopoguerra, vedeva l'industria agrochimica immettere in commercio tutta una gamma di fitofarmaciDizionario ed antiparassitari (DDT, esteri fosforici, ecc) a basso costo (si trattava di prodotti di semplice sintesi direttamente derivati dalla cosiddetta chimica di guerra), a fronte di un progressivo aumento delle "malattie" in agricoltura. Questo fenomeno era la conseguenza del sempre più facile scambio di merci ed è in un certo senso un effetto negativo della globalizzazione che tende a diffondere in modo omogeneo in ogni parte del mondo parassiti e quant'altro. Contando su un basso tasso d'informazione, sfruttando una rete capillare di tecnici (in realtà puri e semplici venditori) che garantivano produttività per ettaro eccezionali attraverso un uso massivo di prodotti sintetici, l'abuso di sostanze non selettive per le specie da combattere e addirittura tossiche per gli organismi superiori e per l'uomo, nonché di sostanze persistenti nell'ambiente per decenni (es. DDT), giunse negli anni 70-80 a livelli non più tollerabili.

Alla fine degli anni 80 la sola Emilia-Romagna consumava più concimi e fitofarmaci di tutta la Germania occidentale. Fenomeni di deterioramento grave della tessitura dei terreni per perdita della componente organica umica, erosione dei suoli, inquinamento delle falde freatiche iniziavano a diventare sempre più oggetto di allarme diffuso.
Ovviamente si erano anche registrati importanti progressi in agrochimica, con lo sviluppo e commercializzazione di insetticidi, erbicidi ecc., sempre più selettivi e meno dannosi per l'ambiente (degradabili, non tossici o quanto meno meno tossici per gli organismi superiori), ma anche molto più costosi; inoltre nasceva da una parte la lotta integrata basata sull'uso di feromoni che riduceva sensibilmente la quantità di prodotti erogati sulla pianta, e dall'altra si sviluppavano le nuove tecniche di lotta biologica che vedono uno dei loro massimi cultori, Giorgio Celli, operare presso il nostro ateneo.
In questo contesto nasce prima negli USA poi in Europa, parallelamente all'ambientalismo, l'urgenza di proporre un'agricoltura alternativa, basata su quel patrimonio culturale di osservazioni e sperimentazioni che in agricoltura si erano sedimentate e consolidate per millenni e che pochi anni di industrializzazione e pratiche intensive avevano quasi spazzato via.

Il Regolamento 2092 della Commissione Europea varato nel 1991 definisce "agricoltura biologica" un sistema di gestione dell'azienda agricola che comporta restrizioni sostanziali nell'uso di fertilizzanti ed antiparassitari, ai fini della tutela dell'ambiente e della promozione di uno sviluppo agricolo durevole.
Per definire il concetto di agricoltura biologica la normativa comunitaria fa riferimento alla definizione elaborata dal Codex Alimentarius sulla base di contributi di esperti a livello mondiale. Il Codex considera l'agricoltura biologica come un sistema globale di produzione agricola (vegetale e animale) che privilegia le pratiche di gestione piuttosto che il ricorso a fattori di produzione di origine esterna. Secondo questa visione, i metodi colturali, biologici e meccanici vengono impiegati di preferenza al posto dei prodotti chimici di sintesi.

Secondo le linee direttrici del Codex, l'agricoltura biologica deve contribuire al conseguimento dei seguenti obiettivi:

• aumentare la diversità biologica nell'insieme del sistema;

• accrescere l'attività biologica dei suoli;

• mantenere la fertilità dei suoli a lungo termine;

• riciclare i rifiuti di origine vegetale e animale, al fine di restituire gli elementi nutritivi alla terra, riducendo in tal modo il più possibile l'utilizzo di risorse non rinnovabili;

• fare assegnamento sulle risorse rinnovabili nei sistemi agricoli organizzati localmente;

• promuovere la corretta utilizzazione dei suoli, delle risorse idriche e dell'atmosfera e ridurre nella misura del possibile ogni forma di inquinamento che potrebbe derivare dalle pratiche colturali e zootecniche;

• manipolare i prodotti agricoli con particolare attenzione ai metodi di trasformazione, allo scopo di mantenere l'integrità biologica e le qualità essenziali del prodotto in tutte le varie fasi;

• essere praticata su un'azienda agricola esistente, dopo un periodo di conversione, la cui durata deve essere calcolata sulla base di fattori specifici del sito,quali le informazioni storiche sulla superficie e i tipi di coltura e di allevamento previsti.

Della stessa opinione appare l'IFOAM, la Federazione Internazionale dei Movimenti per l'Agricoltura Biologica (International Federation of Organic Agriculture Movements), che definisce l'agricoltura biologica: "Tutti i sistemi agricoli che promuovono la produzione di alimenti e fibre in modo sano socialmente, economicamente e dal punto di vista ambientale. Questi sistemi hanno come base della capacità produttiva la fertilità intrinseca del suolo e, nel rispetto della natura delle piante degli animali e del paesaggio, ottimizzano tutti questi fattori interdipendenti. L'agricoltura biologica riduce drasticamente l'impiego di input esterni attraverso l'esclusione di fertilizzanti, fitofarmaci e medicinali chimici di sintesi. Al contrario, utilizza la forza delle leggi naturali per aumentare le rese e la resistenza alle malattie".

Dare una definizione coincisa di agricoltura biologica, come si riscontra dalla normativa riportata sopra, risulta essere piuttosto difficile poiché bisogna comprendere molti aspetti di varia natura…ma in conclusione basta ricordare che con il termine "biologico" si intende tutto ciò che viene ottenuto attraverso un metodo produttivo che non ricorre ai prodotti di sintesi e che rispetta una serie di norme che vincolano il produttore nel modo di operare.

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