I buchi neri
Quando una stella, inizialmente più pesante di 25
masse solari,
esplode come
supernova di tipo II
e resta un nocciolo denso che supera di 3 volte la massa del Sole,
nessuna forza può bilanciare la forza di gravità ed il corpo non si assesta in
alcuno stato di equilibrio.
Gli astrofisici ritengono perciò che la materia si contragga in modo
inarrestabile, fino a concentrarsi in un volume praticamente nullo. Poiché dal
risultato di questa contrazione non può uscire né
radiazione,
né materia, J.A. Wheeler ha proposto di chiamare un oggetto del genere buco
nero, in inglese Black Hole (BH). La loro presenza è stata rivelata, con ogni
probabilità, fra le componenti di alcuni sistemi binari (Fig. 1).
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Fig. 1: Rappresentazione artistica del sistema binario
GRO J1677-40: il buco nero riceve massa da un disco (in azzurro), chiamato
disco di accrescimento, continuamente rifornito dalla compagna. Non tutta
la materia finisce nel BH: parte viene invece lanciata in due getti
normali al piano del disco.
(Credit: STScI-ESA-NASA; 30/11/2002) |
Poiché, secondo la relatività, ad un fotone di energia hf,ove h è la
costante di Planck
e f la frequenza, è associabile una massa hf/c2, anche la
luce
è soggetta alla forza di gravità. I fotoni che tendessero ad allontanarsi da un
buco nero, verrebbero ad avere una lunghezza d'onda sempre più lunga, mentre la
loro frequenza e la loro energia tenderebbero a zero ed essi diverrebbero del
tutto inosservabili. Per un corpo di massa M, esiste una superficie sferica
dall'interno della quale neppure la luce
riesce a sfuggire all'irresistibile attrazione gravitazionale; essa viene
chiamata "orizzonte degli eventi" (Fig. 2) e il suo raggio "raggio
di Schwarzschild"
.
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Fig.2: Filmato artistico del candidato buco nero
Cygnus X-1, in cui si vede una massa di gas che si stacca dal bordo
interno del disco di accrescimento e cade all'interno dell'orizzonte degli
eventi, sparendo lentamente.
(Credit: STScI; 11/01/2001) |
Usando la meccanica quantistica nel 1974 S. Hawking ha dimostrato che in
realtà, su tempi molto più lunghi dell'attuale età dell'Universo, i BH possono
"evaporare".
Secondo alcuni astrofisici la formazione di un buco nero (Fig. 3 e 4) è
collegato al fenomeno dei lampi gamma, cioè l'apparire in punti del cielo
imprevedibili di brevi ed intensi impulsi di
radiazione gamma
(in inglese Gamma-Ray Burst, GRB).
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Fig 3 e 4: Sulla sinistra è visibile l'esplosione di
un GRB fuori dal piano della nostra
galassia
(rappresentata dalla linea orizzontale bianca e rossa). A destra è rappresentata la
relativa curva di luce del GRB in numero di fotoni γ per secondo ricevuti in
funzione del tempo.
(Credit: NASA/MSFC) |
Oltre ai buchi neri che derivano dal processo evolutivo di una singola
stella, aventi al più qualche decina di masse solari
(BH di tipo stellare, Fig. 1), in natura si trovano anche BH di grande massa
come quelli presenti nei nuclei centrali di molte
galassie,
inclusa la nostra, che pesano milioni o, in alcuni casi, anche miliardi di masse solari
(Fig. 5).
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Fig. 5: Disco di polvere e gas di 800 anni luce di
raggio (disco di accrescimento) che nutre il buco nero di grande massa al
centro della galassia
NGC 4261.
(Credit: Foto NASA 04/12/1995) |
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