Autori: Fabbri Fabrizio e Giacomelli Paolo
La proprietà base di un calorimetro è di convertire l’energia di una particella incidente in un segnale elettrico, ottico, termico, acustico, mantenendo la proporzionalità tra energia rilasciata e segnale raccolto. Nell’interazione con la materia del calorimetro, le particelle incidenti con energia elevata, danno luogo a sciami di particelle secondarie che vengono assorbite nello strumento.
Il vantaggio di questi strumenti è che la precisione nella misura dell’energia E della particella incidente aumenta al crescere di E (al contrario di ciò che accade in uno spettrometro magnetico, uno strumento che sfrutta le proprietà del campo magnetico per deflettere particelle cariche delle quali si vuole misurare l'impulso).
Esistono due tipi di calorimetri: i calorimetri elettromagnetici per la rivelazione di elettroni e fotoni e i calorimetri adronici mirati alla rivelazione di particelle ad interazione forte dette adroni.
Elettroni e fotoni interagiscono elettromagneticamente con i nuclei atomici della materia; per assorbirli in modo efficace si usano materiali ad alto numero atomico Z.
Gli adroni producono sciami di particelle assai estesi. Per assorbirli servono spessori di 1-2 m di materiale composto da nuclei pesanti alternati a mezzi che emettono luce al passaggio delle particelle. L'apparato sperimentale di CMS comprende un calorimetro elettromagnetico ed un calorimetro adronico.
Fig. 1: I cristalli di tungstato di piombo che compongono il calorimetro elettromagnetico. Sono scintillanti, trasparenti e più densi del ferro permettono l’assorbimento di elettroni e fotoni di alta energia in soli 23 cm di lunghezza