Figura 32- 1932-1933
A.H Comptom compie una estesa campagna di misure a diverse latitudini e altitudini utilizzando una camera a ionizzazione simile a quella di Figura 12 dalla quale si poteva dedurre che i raggi cosmici sono di natura corpuscolare poiché soggetti all’azione del campo geomagnetico. La figura mostra la Curva di latitudine: variazione del conteggio di RC ottenuta da Compton. In realtà il fisico olandese Jacob Clay già nel 1927 conducendo misure a bordo di una nave in viaggio da Genova all’isola di Java aveva osservato che l’intensità dei raggi cosmici variava con la latitudine
Figura 33 – 1932
Pagina sul giornale Denver Post dell’ Agosto 30,1932 che riporta la notizia della spedizione al Mt. Evans (4348 m s.l.m) per studiare il mistero dei raggi cosmici
Figura 34 - 1932
l’autobus utilizzato per la spedizione di A.H. Compton sul Mt Evans
Figura 35 – 1932
la variazione dell’intensità dei raggi cosmici con l’altezza osservata da Compton
Figura 36 - 1934-1939.
Misura dei raggi cosmici con l'apparato montato su un aereo. Gleb Wataghin e' alla sinistra dell'apparato.
(a)
(b)
Figura 37 - 1930-1933
Già nel 1930 Bruno Rossi aveva predetto che il flusso dei Rc avrebbe dovuto mostrare una asimmetria nelle direzioni di arrivo per effetto della presenza del campo geomagnetico. Egli si aspettava un maggior flusso da Est (Ovest) se le particelle erano di carica negativa (postiva). L’effetto sarebbe stato più facilmente visibile vicino all’equatore geomagnetico e a grandi altezze. Perciò organizzò una spedizione in Eritrea all’Asmara situata a 2370 m s.l.m. Al momento di partire furono pubblicati due lavori di T. Johnson e di L.Alvarez e A.H. Compton che riportavano di avere osservato tale effetto.
(a) la capanna costruira per alloggiare gli strumenti e ripararli dal sole
(b) il piccolo telescopio che alloggiava i rivelatori Geiger
Figura 38 - 1940
L’annerimento di lastre fotografiche fu il primo effetto che rivelò la presenza di elementi radioattivi in natura (Roengten 1895, Becquerel 1896). In pratica si tratta cristalli (grani) di bromuro d’argento (AgBr) in sospensione in opportune sostanze gelatinose (spesso di origine animale). Il passaggio della particella spezza i grani e una volta trattate chimicanmente (Come le pellicole fotografiche sviluppo e fissaggio), rimangono piccole sferette di argento metallico condensate lungo la traccia della particella che è passata. L’esame al microscopio dei grani ci dà informazioni sulla massa della particella. Agli inizi (1930) tale tecnica veniva usata per rivelare protoni e particelle alfa. Con il progredire della tecnica (il tutto deve avvenire in camera oscura, strette condizioni di temperatura ed umidità) e usando grani di dimensioni sempre più piccole in più grandi concentrazioni si poterono scoprire moltissime particelle (kaoni, ed altre più esotiche). Dato che la tecnica era non costosa si ricorse ad essa molto frequentemente subito dopo la II guerra mondiale portando stack/sandwich di emulsioni nucleari in alta montagna o facendole volare su pallone. La prima soluzione fu spesso preferita poiché all’epoca risultava ancora difficile seguire la traccia dei voli di palloni ed il recupero dell’apparato sperimentale. Per questo si formarono anche collaborazioni internazionali che partecipavano sia al recupero sia all’analisi delle lastre.
La figura presenta la vista di un’emulsione (0,3 x 0,3 mm2). Sono facilmente riconoscibili “linee” di grani neri: sono le cosiddette “tracce” di particelle subnucleari (elettroni, protoni, pioni, muoni, kaoni, o altre particelle più esotiche). Le particelle subnucleari spesso “durano” solo qualche frazione di secondo, prima di decadere spontaneamente in particelle più leggere (e più comuni). Viaggiano quasi alla velocità della luce, ma decadono così rapidamente che la lunghezza delle tracce spesso non supera qualche decimo di millimetro. È necessario un microscopio per potere ricavare informazioni fisiche.
39(a)
Figura 39 – ‘40
C. F. Powell e G.P.S. Occhialini con emulsioni esposte presso l’osservatorio del Pic du Midi sui Pirenei Francesi a 2877 m (aperta nel 1882) (Figura 39a), la stazione della Testa Grigia a 3480 m a Palteau Rosà (Cervinia), costruita nel 1947 (Figura 39b) e Chacaltaya a 5230 m nelle Ande Boliviane (Figura 39c) aperta nel 1942
Figura 39(b)
Figura 39(c)
Figura 40 – ‘40
A metà 1940, durante le esposizioni vennero accumulate moltissime tracce e notarono in alcune di queste un addensarsi di grani, accompagnato da un aumento nel loro sparpagliamento interpretato come la traccia di una particella che si arrestava nell’ emulsione. Da questo punto ne partiva un’altra che rallentava e si arrestava. Era la prima osservazione di un pione, particella predetta teoricamente anni prima.
Gli studi proseguirono con stacks di emulsioni poste su palloni (vedi Figura 41) che portarono alla scoperta di numerose altre particelle. Alcune di esse furono chiamate “strane”.
Figura 41a -1955.
Lancio di palloni aerostatici con emulsioni nucleari da un campo presso Mirandola (Mo)
Figura 41b-1955.
Il radiogoniometro che permetteva di seguire la posizione del pallone durante il volo. Tutta la stazione era stata costruita con residuati bellici.
Figura 42 – 1990-1996
La collaborazione JACEE (Japanese-American Collaborative Emulsion Experiment) ha lanciato una serie di palloni con a bordo delle “camere” contenenti strati alternati di Pb ed emulsioni nucleari al fine di misurare la composizione e le distribuzioni in energia dei RC alla sommità dell’atmosfera nella regione di energia tra 1 e 1000 TeV. Una volta recuperato l’esperimento e smontati I vari rivelatori questi vengono sviluppati e si procede all’analisi al microscopio. La Figura mostra un disegno della struttura della “camera” composta da strati di X-films, Pb ed emulsioni e come appaiono le interazioni di 3 tipi diversi di particelle (elettroni, gamma e hadroni (p, n, e He). Quando una particella interagisce si produce una cascata di particelle secondarie (essenzialmente elettroni e gamma, vedi Figura 15. Questo fenomeno lascia due segnali: nelle emulsioni nucleari la traccia di ogni singolo elettrone che può essere vista e contata attraverso un microscopi (si può seguire manualmente una singola traccia in un cerchio di 100 µm su 5 o più strati; negli X-films lo sciame lascia un “macchia” la cui densità è in relazione con il numero di fotoni che compongono lo sciame. Un foto densitometro ne fa la misura in maniera semiautomatica. Da questi 2 segnali è possibile risalire all’energia della particella originaria.
Invece la carica della particella primaria si ricava tracciando all’indietro l’asse dello sciame fino alla sua prima interazione nella camera. Ancora prima di questa la particella primaria appare nell’emulsione come una singola traccia la cui densità dipende dalla carica. I protoni ed i nuclei di He lasciano una traccia dove i singoli grani possono essere contati. Per i nuclei più pesanti questo non è possibile ma l’informazione si ricava dallo “spessore” della traccia (dalla densità di raggi-delta). I raggi gamma ed i neutroni non possiedono carica e quindi non lasciano tracce.
Figura 43 - 2008
Foto dell’apparato OPERA nella Sala C del Laboratorio Nazionale del Gran Sasso. L’esperimento OPERA è stato progettato e realizzato per studiare il fenomeno delle oscillazioni dei neutrini. OPERA è situato in una delle sale sotterranee del LNGS dove poche particelle dei RC riescono a penetrare (“silenzio cosmico”, vedi Figura XX parte III). Questo è necessario per potere utilizzare al meglio la tecnica delle emulsioni nucleari.
Le particelle che OPERA vuole “vedere” sono i leptoni tau che risultano dalle interazioni dei neutrini tau. Questi ultimi dovrebbero essere stati creati dal fenomeo delle oscillazioni di un neutrino muonico appartenente al fascio creato all’acceleratore SPS del CERN e sparati in direzione del LNGS. Dunque lungo il percorso di 730 km, durante un tempo di 3 millisecondi qualche neutrino tau dovrebbe “apparire” dalla trasmutazione di un neutrino muonico del fascio (Figura 43b).
Figura 43b
Per catturare tale evento si utilizzano circa 150000 mattoni/pacchetti di emulsioni nucleari alternate con fogli di Pb (per un peso totale di 1300 tonnellate). Quando gli altri rivelatori che circondano questa massa/bersaglio segnalano che una interazione di un neutrino è avvenuta all’interno dell’apparato e ne hanno tracciato il punto in cui si è verificata (Figura 43c), il pacchetto è estratto e riposte in un archivio in attesa di venire analizzate (Figura 43d).
Figura 43c
Figura 43d
Le emulsioni vengono quindi sviluppate, e sottoposte a scansione automatica di microscopi per la verifica della topologia e della cinematica di un ipotetico decadimento del tau. Programmi appositamente sviluppati sono in grado di ricostruire in 3D l’interazione che si è verificata nel brick e I I suoi prodotti (Figura 43e)
Figura 43e
protone
nucleo di Fe
fotone
Figura 44 – 2005
Sviluppo longitudinale (verticale) in atmosfera di tre sciami generati da un RC primario di diversa natura (un protone, un nucleo di Ferro, un fotone) con energia 1014 eV da simulazioni numeriche al calcolatore (programma CORSIKA, COsmic Ray Simulation for KAscade). Si è assunto che la prima interazione nell’atmosfera terrestre è a 30 km dal suolo. L’estensione orrizzontale delle figure è di 5km a destra e a sinistra dell’asse dello sciame. Questo codice può essere usato per simulare eventi con energie fino a 1020 eV. Da notare la somiglianza con quanto osservato in laboratorio (figura 24). Nelle figure i diversi colori indicano le diverse particelle che partecipano alla cascata: rosso-elettroni e fotoni, verde-muoni, blu scuro-adroni. Con questi programmi è possibile anche creare delle animazioni dello sviluppo di sciami da particelle dei RC in atmosfera per diverse energie ed inclinazioni rispetto alla verticale:
http://www-ik.fak.de/~corsika/movies/Movies.htm
Figura 45 - 1946
A cominciare dagli ultimi anni della seconda guerra mondiale, G. Skobeltzyn and G Zatsepin iniziarono un programma di studio degli sciami atmosferici in Russia. La località prescelta fu nel Pamir a 3860 m s.l.m. dove fu allistita una complessa stazione comprendente contatori GM, camere a nebbia e camere a ionizzazione. I ricercatori russi introdussero una tecnica innovativa per misurare l’energia delle particelle appartenenti allo sciame che avevano interazioni nucleari (adroni) che prevedeva l’uso di camere a ionizzazione alternate a lastre di Pb. Questi studi furono fondamentali per dimostrare che gli sciami atmosferici erano prodotti non solo da fotoni ed elettroni e dettero informazioni essenziali sulla fisica degli adroni fino ad energie di 1015 eV.
Nella foto G. Zatsepin ed i suoi collaboratori stendono i cavi durante l’installazione dell’apparato
Figura 46 - 1959-1960
Foto dell’entrata della stazione di Vulcano Ranch
In questa località del New Mexico a 1700 m slm, J Linsley del MIT e l’italiano L. Scarsi, allora in visita negli USA, allestirono un apparto per osservare EAS. L’apparato era costituito, all’inizio, da 19 contatori a scintillazione disposti a forma di esagono, ad una distanza di circa 442 m uno dall’altro. Successivamente la distanza fu raddoppiata coì da avere un diametro di 3,6 km, doppio rispetto al precedente. Fu con questo apparato che nel 1962 fu rivelato uno sciame di xxx particelle, corrispondenti and una energia del primario stimata attorno a 1.2 1020 eV
Figura 46b – (a sinistra) una foto di J. Linsley a Vulcano Ranch; (a destra) schema dell’evento di più alta energia di VR: i cerchietti rappresentano i contatori a scintillazione di 3.3 mqe la loro posizione; i numeri vicino ad essi rappresentano la densità di particelle (per mq) ricostruita dai segnali registrati al loro passaggio dai contatori; il punto A indica dove si stima l’asse dello sciame abbia colpito il suolo; i grandi cerchi mostrano come, assummendo simmetria cilindrica) la densità di particelle dello sciame decresca allontanandosi sall’asse.
Figura 46c – J. Linsley che caccia I serpenti a sonagli che si annidano vicino ai rivelatori
Figura 47 - 1928-1930
L’antenna rotante di K.G. Jansky per studiare il rumore radio di fondo che poteva interferire con le trasmissioni telefoniche. Egli osservò che le onde radio a frequenze di 20.5 MHz variavano con una periodicità coincidente con il giorno siderale. Questo tempo è quello che regola il riapparire nella stessa posizione del cielo delle sorgenti che non appartengono al nostro sistema sistema (ad es. stelle). La rotazione dell’antenna permetteva di ricostruire la direzione di provenienza del segnale: dal centro della Galassia nella costellazione del Saggittario
Figura 48 - 1964
Radiotelescopio di Medicina (Bologna) Croce del Nord” uno dei più grandi telescopi di transito al mondo è costituito da due bracci perpendicolari, uno di 564m di lunghezza orientato nella dirazione Est-Ovest ed uno di 640 m nella direzione Nord-Sub. L’area totale di raccolta di onde radio alla frequenza di 408 MHz è di circa 30000 mq, per questo il radiotelescopio è particolarmente adatto allo studio di sorgenti radio molto deboli. E’ stato costruito da un gruppo di ricercatori e docenti dell’Università di Bologna , tra I quali M. Ceccarelli e A. Braccesi. Questo radio telescopio ha acquistato rilevanza internazionale con la produzione del cataloghi di radiosorgenti “di Bologna” B2 e B3.
Dal 1983 è operativa anche la parabola di 32 m per frequenze comprese fra 1.4 e 32 GHz che conduce osservazioni ad antenna singola o interferometriche in contemporanea con altre antenne europee nell’ambito del consorzio EVN (European Very Long Baseline Interferometric Network).
Inoltre la stazione di Medicina partecipa al progetto internazionale SETI (Search for Extra Terrestrial Intelligence) per la ricerca di un segnale “artificiale”, quale prova dell’esistenza di un’altra civiltà.
Figura 49 - 2010
Una stazione LOFAR con una vista delle antenne di bassa frequenza
LOw-Frequency ARray un nuovo strumento per osservazioni radio-astronomiche a frequenze inferiori a 250 MHz.. E’ il più grande inter-connesso radio telescopio mai costruito, basato su un nuovo concetto di un vasto apparato/insieme di antenne omnidirezionali interconnesse. La sua sensibilita nel campo delle basse frequenze sarà superata solo dalla prossima generazione di radio telescopi, come ad esempio Square Kilometre Array (SKA), che si prevede entrerè in funzione nel 2020 (considerato LHC della radioastronomia).
La moderna interferometria radio si basa in generale su insiemi di antenne direzionali paraboliche (dischi) sparse su grandi aree (eventualmente mobili)
LOFAR combina invece le caratteristiche dei vecchi telescopi che usavano antenne omnidirezionali costituiti da dipoli combinati con la tecnica dell’ apertura di sintesi sviluppata negli anni ’50. Infatti il progetto del telescopio prevede l’uso di un grandissimo numero di antenne relativamente poco costose, senza parti in movimento, concentrate in stazioni a diverse distanze fra loro. La direzione dell’osservazione viene determinata elettronicamente mediate il software che compie l’operazione di ritardo di fase tra le diverse antenne. LOFAR può anche osservare in diverse direzioni contemporaneamente.
Fra i suoi obiettivi scientifiici, principalmente astronomici, vi sono anchi campi di ricerca della fisica dei RC: osservazione dei UHECR, fisica solare e “meteorologia” dello spazio. (vedi Figura YY parte III)
Per quanto riguarda lo studio dei UHERC, LOFAR consentirà l’osservazione dell’intenso impulso radio prodotto dagli EAS generati da particelle con energie tra 1015 – 3 1020 eV che colpiscono l’atmosfera terrestre. La cascata elettro-fotonica nell’attraversare l’atmosfera per effetto del campo geomagnetico emette un segnale a frequenze radio (e.g., geo-synchrotron emission). Dal 2003 è in operazione l’apparato LOPES.
Inoltre il sole è una intensa sorgente radio con episodi di intensa emissione come ad esempio in occasione di forti e cospicue emissioni di particelle dal sole (CoronalMassEejections). LOFAR può costruire l’immagine di tali masse al momento del lancio dal sole e lungo il loro percorso nello spazio interplanetario verso la terra. In questo modo si potrà prevedere se tali particelle colpiranno la terra con conseguenze per le trasmissioni radio e perturbazioni di altri apparati elettronici. Il monitoraggio dell’attività solare sarò come una meteorologia dello spazio
Il progetto finale prevede l’utilizzo di 20000 piccole antenne concentrate in 48 grandi stazioni. 40 di queste sono distribuite sul terriotorio olandese, 5 in Germania, ed una in GB, Francia e Svezia. Altre stazioni sono in fase di studio in altre nazioni europee. (Figura 49b)
L’area totale di raccolta è stimata poter raggiungere i 3000000 mq a seconda della frequenza e della configurazione delle antenne. Lofar e stato uffialmente inaugurato nel Giugno del 2010 dalla Regina d’Olanda, mentre osservazioni regolari sono iniziate nel Dicembre 2012.
Figura 49b
La disposizione delle stazioni LOFAR europee che sono state attualmente costruite ed in funzione: 5 in Germania, 1 in Francia, Svezia e UK (indicate con il colore verde). E’ previsto che altre stazioni entreranno in funzione nel 2013 (indicate con il colore giallo)
Figura 50 - 1981- 1993
Negli anni ’60 K. Greisen propose una nuova tecnica per l’osservazione degli EAS: osservare il passaggio degli EAS in atmosfera mediante la raccolta della luce emessa nella zona di spettro blu/violetto (300-400 µm) in conseguenza dell’eccitazione degli atomi di azoto provocata dal passaggio delle particelle cariche. Questa luce di “fluorescenza” è molto debole e solo verso la fine degli anni ’70 divennero disponibili gli strumenti per sfruttare tale idea. Nel 1981 il gruppo dell’Università dell’Utah completò un sistema consistente in 67 specchi del diametro di 1.5 m orientati in diverse direzioni in modo tale ta osservare direzioni di arrivo di RC dall’intero cielo e rivelare sciami che arrivavano su un’ area di 1000 kmq. Nel fuoco di ogni specchio era posto un “nido” di 12 o 14 fotomoltiplicatori sensibili alla banda di luce della fluorescenza (Figura 50b, notare la somiglianza con gli specchi Cherenkov in Figura ZZ parte III). L’apparato fu denominato Fly’e Eye poichè assomigliava ad un occhio di mosca. In un secondo tempo, fu aggiunta una seconda stazione (Fly’s eye II) composta da 36 specchi e posta a 3.4km dalla prima. In questo modo a partire dal 1986 fu possibile avere di alcuni sciami una visione stereoscopica e ricostruire lo sviluppo della cascata iniziata in atmosfera da particelle con energia > 1018 eV con maggiore dettaglio e quindi risalire alla natura del primario con maggiore sicurezza.
Per fare una analogia, la luce di fluorescenza creata dalle particelle di un EAS di questa energia nel loro percorso in atmosfera è paragonabile a quella emessa da una lampadina blu di 5 Watt. L’apparato Fly’s Eye è capace di vederla da una disttanza di 15 km.
Figura 50c
Figura 51 - 2001
Mappa del Pierre Auger Observatory (PAO); il diametro è ~ 60 km. Ogni puntino segna la posizione di un rivelatore Cherenkov ad acqua; le stazioni per osservare la luce di fluorescenza emessa da un EAS sono: Morados, Leones, Coiheuco, HEAT e Loma Amarilla.
Il PAO è il più grande apparato attualmente in funzione per lo studio dei RC con energie vicine alla fine (?) dello spettro energetico ( > 4 1019 eV). La costruzione dell’apparato nella piana ai piedi delle Ande vicino a Malargue (Argentina) è iniziata nel 2001. Ufficialmente ha cominciato a prendere dati nel 2004 (con 1/10 dell’apparato finale), ed è stato completato ufficialmente nel 2008. La peculiarità principale del PAO è quella di essere il primo apparato per EAS a combinare l’utilizzo di rivelatori per le particelle dello sciame che giungono fino a terra e rivelatori di luce di fluorescenza. Questo permette una cross-calibrazione per la determinazione dell’energia della particella primaria ed una riduzione degli errori sistematici che sono inerenti a ciascuna tecnica.
Il progetto constiste in una rete di 1600 stazioni di superficie (grosse taniche piene di acqua pura nella quale le particelle rilasciano energia emettendo luce Cherenkov; questa viene raccolta da 3 fotomoltiplicatori e dal loro segnale si può risalire al numero di particelle che hanno attraversato il rivelatore, Figura 51b) spaziate 1.5 km su un’area di 3000 kmq, Questo permette di campionare la struttura laterale dello sciame dalla cui misura i può ricavare l’energia della particella primaria e il tempo di arrivo alle diverse taniche delle particelle di alta energie, informazione che è usata per calcolare la direzione di arrivo dell particella originaria. Vi sono inoltre 24 telescopi per la osservazione della luce di fluorescenza Figura 51c (operativi essenzialmente di notte e durante i periodi senza nubi e luna). Al momento PAO ha collezionato una esposizione di circa 25000 km2 sr yr, superiore alla somma di quanto collezionato da tutti i precedenti esperimenti.
Figura 51b- (a sinistra) un rivelatore a Cerenkov-acqua di Haverah Park (UK); (a destra) evoluzione per PAO. Ogni stazione di questo tipo (corrispondente ai puntini di Figura 51, è collegata via radio alla sala controllo per l’invio dei segnali registrati
Figura 51c -intervento su una stazione misura densità di particelle; sullo sfondo il “tipico” panorama della pampa argentina
Figura 51c - la stazione per l’osservazione della luce di fluorescenza Los Leones; (in alto a destra) la stazione vista dalla pianura; (in basso a sinistra) la configurazione dei sistemi ottici per l’osservazione della fluorescenza
Figura 51d – uno dei sistemi ottici della stazione di Los Leones
Attualmente la collaborazione PAO sta lavorando per migliorare le capacità di raccolta e studio degli EAS:
- aggiungendo altri 3 telescopi per fluorescenza per potere condurre osservazioni nell’alta atmosfera
- aumentando la densità di rivelatori di superficie combinati con dei rivelatori interrati per distinguere meglio la componente muonica, posti a distanze inferiori della rete principale
- introducendo altre tecniche di rivelazione: un prototipo di radiotelescopio sensibile alla banda 30-80 MHz per rivelare la radio-emissione della cascata atmosferica; l’uso di rivelatori sensibili alla emissione a micro-onde ~ 4 GHz)