UNA SUPERNOVA GALATTICA: UN EVENTO ECCEZIONALE

1.  Alcune notizie storiche

Le cronache cinesi di mille anni fa narrano che nel 1006 e 1054 apparvero nel cielo due astri talmente luminosi da essere visibili a occhio nudo anche di giorno, il primo nella costellazione del Lupo il secondo in quella del Toro. Una stella più debole si accese nel Cigno nel 1181. Altre due stelle brillanti furono viste nel 1572 da Tycho Brahe nella costellazione di Cassiopea e nel 1604 in Ofiuco da Keplero e Galileo. Queste sono le supernovae osservate nella nostra galassia negli ultimi 1000 anni, in media una ogni 2 secoli. Dettagli su quella notata nel Toro, che ha dato origine alla nebulosa chiamata Crab Nebula riprodotta nella Fig. 1, sono dati da Polcaro e Martocchia nei Proceedings del Simposio IAU N. 230 (2005).

Fig. 1. Immagine del resto della supernova del 1054 (Crab nebula) presa col telescopio Kueyen da 8 metri, uno dei 4 del Very Large Telescope (VLT), in Cile. Esso si sta espandendo alla velocità di 1500 km/s. Nel centro dell’immagine c’è una stella di neutroni che in un secondo gira su se stessa 30.2 volte, emettendo radiazione pulsata in tutte le frequenze, costituendo una “pulsar”.

2. Classificazione delle Supernovae

Centinaia di supernovae sono state osservate nelle altre galassie.

Le supernovae sono state classificate in due tipi in base al loro spettro: quelle prive di righe dell’idrogeno sono chiamate del I tipo o SN I, quelle ricche di righe dell’idrogeno (serie di Balmer) del II tipo o SN II. Più di recente si è visto che il fenomeno supernova può aver origine da due meccanismi molto diversi:

astro singolo di massa superiore a 8 masse solari, giunto alla fine della sua evoluzione, non avendo più combustibile nucleare, esplode in modo catastrofico lanciando nello spazio a 20 mila km/s parte della materia di cui è composto, mentre il resto forma un corpo collassato: un buco nero o una stella di neutroni, che ruotando rapidamente su se stessa, emette una radiazione pulsata.

Il secondo meccanismo deriva da un sistema doppio costituito da una nana bianca di circa 1.4 masse solari con una compagna che le cede massa. Quando la massa della nana bianca supera il valore critico di 1.44 masse solari, detto massa limite di Chandrasekhar, la stella esplode come un gigantesco fuoco artificiale, senza formare alcun corpo collassato. Come appare dalla Fig. 2, queste supernovae chiamate SN Ia raggiungono nel momento di massima luminosità un valore noto, cioè sono delle ottime lampadine campione, che hanno permesso di determinare con buona precisione la distanza di galassie lontanissime e di scoprire che l’espansione dell’universo è accelerata.

Fig. 2. Curve di luce di diverse SN Ia, corrette tenendo conto che quelle che in 15 giorni declinano più rapidamente avendo ?m15(B) maggiore, sono più brillanti (da Nando Patat, comunicazione privata).

3.   La supernova 1987A

Nel febbraio 1987 è stata osservata nella grande nube di Magellano a 168 mila anni luce da noi la supernova più vicina dopo la scoperta del cannocchiale, denominata SN1987A perché la prima di quell’anno, che ha concluso l’evoluzione di una stella supergigante blu di 20 masse solari (Fig.3), di cui non si è visto il corpo collassato, forse perché si è formato un buco nero. Essa è quindi una SN II, che all’inizio dell’esplosione per raffreddare il nucleo emette la maggior parte della sua energia sotto forma di neutrini. Dalla SN1987A sono stati effettivamente osservati almeno 25 neutrini.

4. La stella nana bianca SNIa

La stella nana bianca (ED) che esplode come SNIa e' composta di Carbonio e Ossigeno, cioe' le ceneri del bruciamento dell'Elio. La nana bianca di CO cresce fino a raggiungere la massa di Chandrasekhar acquisendo massa da una stella compagna. Se la compagna e' una stella 'normale' il materiale accresciuto e' Idrogeno, e questo viene convertito prima in Elio e poi in Carbonio e Ossigeno,  solo che nel precursore della SNIa manca l'inviluppo di Idrogeno esteso, e  il materiale viene processato nuclearmente man mano che si accumula sulla superficie della nana bianca. La stella compagna puo' anche essere una stella di Elio, nel qual caso sara' l'Elio ad essere convertito in CO man mano che viene accresciuto. Infine, nel modello di doppia degenere non c'e' alcun bruciamento: si tratta di due nane bianche di CO ciascuna con massa inferiore a quella di Chandrassekhar che finiscono per mergere in un unico oggetto abbastanza massiccio per causare l'innesco del Carbonio in condizioni degeneri e cosi' esplodere. Questi canali sono probabilmente tutti attivi in natura.

Per le SNIa non c'e' collasso: l'innesco del carbonio in condizioni di alta degenerazione comporta un rilascio di energia cosi' violento e incontrollato che si ha direttamente l'esplosione. Il collasso si verifica per le SN di tipo II, e l'esplosione avviene per 'rimbalzo' sulla superficie dura della stella di neutroni. Se il progenitore e' troppo massiccio, niente ferma il collasso, non si ha alcuna esplosione, e l'oggetto implode direttamente in un Buco Nero (Black Hole).

Anche le SNIa emettono neutrini ma poca roba: sostanzialmente sono quelli che accompagnano il decadimento radioattivo del Nickel in Cobalto e del Cobalto in Ferro.

Le Supernove di tipo II emettono molti piu' neutrini: l'energia in neutrini in questo caso e’ ordini di grandezza maggiore che nel caso delle SNIa.

Kunugise e Iwamoto (PASJ 59, L57, 2007) hanno calcolato che durante l’esplosione le SN Ia in emettono un flusso di neutrini di 1050 erg/s. La durata dell’emissione è di circa 1 secondo; la loro energia media è 3 Mev.

Fig. 3. Immagine del resto della SN 1987 presa con l’Hubble Space Telescope. Al massimo di luminosità la sua magnitudine raggiunse il valore di 3. L’anello brillante e i due più deboli sono dovuti all’interazione della radiazione della SN con materiale espulso dalla stella progenitrice prima dell’esplosione e dalle due stelle vicine. Maggiori informazioni su “I neutrini della SN1987A vent’anni più tardi” sono date da Francesco Vissani in http://ulisse.sissa.it/biblioteca/saggio/2007/Ubib070330s001/.

5.   La prossima supernova galattica

Dato che da 408 anni non si vedono supernovae galattiche, la prossima non dovrebbe tardare, ma nessuno può prevedere quanto: forse un mese, forse 2 secoli. E’ probabile che l’esplosione sia già avvenuta e i suoi fotoni si stiano avvicinando alla Terra con la velocità della luce. Come le 5 precedenti potrebbe comparire non lontano dalla Via Lattea.

Quando una persona vedrà apparire questo astro luminosissimo, che cosa è opportuno che faccia? La prima iniziativa da prendere è di telefonare a chi può ricavare importanti dati scientifici da un’osservazione tempestiva, come il Laboratorio Nazionale del Gran Sasso che osserva i neutrini (tel 0862-437265, oppure il gruppo internazionale che si occupa di neutrini da supernova) oppure un osservatorio astronomico come quelli di Loiano (051 6544434) o di Asiago (0424 600011). Una SN II galattica, essendo almeno 3 volte più vicina della SN1987A, ci farà pervenire molti più neutrini. Se distasse 6500 anni luce come la Supernova del 1054, i neutrini sarebbero ancora di più. Lo spettro di energia dei neutrini e il confronto fra gli istanti di arrivo dei neutrini e dei fotoni sarebbero di estremo interesse.

Negli osservatori astronomici si farebbero immediatamente spettri, che permetterebbero di classificare la supernova. Più difficili sarebbero le misure di luminosità, perché non è facile trovare una stella di confronto vicina; data la grande quantità di luce che dalla supernova giunge sullo specchio del telescopio il fotometro dovrebbe essere schermato con filtri neutri.

6.   Astri di confronto per la supernova

Sarebbe perciò molto utile cercare di costruire ad occhio nudo la curva di luce dell’oggetto, cioè determinare come varia la sua luminosità in funzione del tempo. In base alle osservazioni di un monaco belga, citate da Polcaro e Martocchia, pare che la supernova del 1054 sia stata per circa mezz’ora 10 volte più brillante del solito; è quindi di estremo interesse valutare minuto per minuto la sua luminosità o, come dicono gli astronomi, la sua magnitudine. La magnitudine è una misura della debolezza di una stella; quanto più è alta, tanto meno luminoso è l’astro. Le stelle appena visibili ad occhio nudo sono di magnitudine +6; le più brillanti di magnitudine +1, come Aldebaran, la stella α del Toro e Spica, α della Vergine sono cento volte più luminose di quelle di magnitudine 6. Le stelle dell’Orsa Maggiore hanno magnitudine prossima a +2, mentre Vega, α della Lira, quasi allo zenit nei mesi estivi, ha magnitudine 0. Di magnitudine appena superiore (0.2) sono Arturo, α di Bootes, e Capella α dell’Auriga.

Corpi più brillanti di Vega hanno magnitudine negativa. Giove ha in media una magnitudine di -2.5, Marte, che ha un’orbita eccentrica, ogni 19 anni lo supera raggiungendo -2.9, quando è in opposizione al Sole alla minima distanza dalla Terra come nel 2003. Sotto la costellazione di Orione inconfondibile per la sua simmetria, c’è Sirio, la stella più luminosa del cielo di magnitudine -1.5.

Fig. 4. Nel cielo invernale brillano Sirio, la stella più fulgida e Orione, la costellazione più armoniosa.

I tre astri più luminosi del cielo sono il Sole di magnitudine - 26.8, la Luna piena -12 e Venere, che nel maggio 2012, visibile al tramonto ad ovest, o nel luglio 2012 al mattino raggiungerà magnitudine -4.8. Se una SN Ia esplodesse a meno di 130 anni luce da noi avrebbe una magnitudine intermedia fra quelle del Sole e della Luna (minore di -16.5) e sarebbe pericolosa per la sopravvivenza della vita sulla Terra a causa delle radiazioni che dissocerebbero l’azoto molecolare dell’atmosfera terrestre, formando ossidi di azoto, che distruggerebbero l’ozono.

7.   Metodo di Argelander

Chi conosce abbastanza bene le costellazioni può usare per le stime di magnitudine il metodo elaborato nel XIX secolo da Argelander: si trovano due astri uno più brillante ed uno più debole della supernova e si valuta se come splendore l’astro è più vicino al più brillante o al più debole; dividendo mentalmente l’intervallo di magnitudine in sottointervalli uguali, ad esempio 5, si stima in quale livello collocare la supernova.

Supponiamo che essa abbia uno splendore due livelli sotto Sirio e tre sopra Aldebaran, possiamo dedurre che la sua magnitudine è di -0.5; con questo metodo l’errore non dovrebbe superare la mezza magnitudine.

Un fenomeno di cui si deve tenere conto facendo questi confronti è l’estinzione. Un astro poco sopra l’orizzonte appare più debole anche di più di una magnitudine rispetto a quando è in meridiano.

E’ importante che il nostro orologio o il cellulare segnino un’ora esatta. Sarebbe molto utile avere con noi una matita e un foglio su sui scrivere il tempo e la magnitudine stimata. Quando sarà il momento, non fatevi cogliere impreparati a questo evento rarissimo e le vostre osservazioni, saranno molto apprezzate da tutta la comunità astronomica.

 

Corrado Bartolini